L’Avvocato Maria Politano del Foro di Firenze, segnala la recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 23291 del 13/11/2015) con quale la suprema corte ha stabilito un importante principio in ordine al diritto della moglie ad usare il cognome del marito successivamente allo scioglimento del matrimonio.
Precisamente, l’Avvocato Maria Politano rileva come la suprema corte abbia stabilito che Il diritto al nome non è materia regolata dal diritto dell’Unione Europea ma dal diritto nazionale al quale occorre fare riferimento, affermando il seguente principio di diritto:
Nel caso di cessazione degli effetti civili di un matrimonio contratto all’estero da due cittadini stranieri, il diritto della moglie di utilizzare l’esclusivo cognome del marito – acquisito, con il consenso di quest’ultimo, al momento dell’assunzione del vincolo – va delibato sulla base dei criteri di collegamento indicati dalla Convenzione di Monaco del 5 settembre 1980, resa esecutiva in Italia con la l. n. 950 del 1984, per la quale i cognomi e i nomi di una persona vengono determinati dalla legge dello Stato di cui è titolare il cittadino..
L’Avvocato Maria Politano del Foro di Firenze, sottolinea che la Corte di Cassazione abbia ritenuto che in casi simili, Le norme nazionali, tuttavia, come precisato nella sentenza Garcia Avello (2 ottobre 2003 C-148/02) devono venire applicate in modo da non ostacolare la libera circolazione tra le persone. Un problema di compatibilità tra il diritto nazionale e il diritto alla libera circolazione può porsi quando le parti di un giudizio sono cittadine di uno stato membro e risiedono in un altro.
L’Avvocato Maria Politano, riporta le conclusioni della corte secondo la quale
Nella specie, pertanto, non rileva che la cessazione del rapporto coniugale sia stata dichiarata e regolata dalla legge di un altro Stato (quella italiana), dal momento che il rinvio contenuto nell’art. 1 della Convenzione conduce univocamente all’individuazione della legge applicabile esclusivamente sul criterio di cittadinanza.
Avvocato Maria Politano
Firenze
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Responsabilità ex art. 96 c.p.c. del creditore
L’Avvocato Antonio Politano del Foro di Firenze, segnala la recente sentenza della Corte di Cassazione con la recente (n. 6533 del 05/04/2016) con quale la suprema corte ha stabilito un importante principio in tema di iscrizione di ipoteca giudiziale.
Precisamente, la suprema corte ha statuito che “ Nell’ipotesi in cui risulti accertata l’inesistenza del diritto per cui è stata iscritta ipoteca giudiziale e la normale prudenza del creditore nel procedere all’iscrizione dell’ipoteca giudiziale, è configurabile in capo al suddetto creditore la responsabilità ex art. 96, secondo comma c.p.c., quando non ha usato la normale diligenza nell’iscrivere ipoteca sui beni per un valore proporzionato rispetto al credito garantito, secondo i parametri individuati nella legge (artt. 2875 e 2876 c.c.) così ponendo in essere, mediante l’eccedenza del valore dei beni rispetto alla cautela, un abuso del diritto della garanzia patrimoniale in danno del debitore”.
L’Avvocato Antonio Politano evidenzia come la Corte di Cassazione sia giunta a tale conclusione sull’assunto che:
– non c’è ragione stringente per la quale la funzione di generale garanzia per il creditore assolta dall’intero patrimonio, presente e futuro, del debitore (art. 2740 c.c.) non debba incontrare il limite dell’abuso di diritto. Tanto più, nel diritto processuale dove i diritti sono conferiti in ragione della strumentalità del mezzo rispetto al fine del soddisfacimento del diritto sostanziale tutelato;
– non si vede per quale stringente ragione si debba leggere l’art. 2828 c.c., che abilita il creditore ad iscrivere ipoteca su qualunque immobile, presente e sopravvenuto del debitore, e quindi a scegliere su quanti e quali immobili iscrivere ipoteca, come abilitazione ad iscrivere ipoteca su tutti gli immobili;
– la sopravvenienza nell’’ordinamento dell’art. 111 Cost., che nell’interpretazione delle norme processuali impone, insieme, la ragionevolezza della durata del processo e la giustezza del processo…., comporta che “giusto” non può essere un processo frutto di abuso per l’esercizio in forme eccedenti, o devianti, rispetto alla tutela dell’interesse sostanziale..
L’avv. Antonio Politano, riporta le conclusioni della corte secondo la quale In questa prospettiva, il creditore che iscrive ipoteca giudiziale sui beni del debitore il cui valore sia eccedente la cautela, discostandosi dai parametri normativi mediante l’scrizione per un valore che supera di un terzo, accresciuto degli accessori, l’importo dei crediti iscritti (Artt. 2875 e 2876 c.c.) pone in essere un comportamento di abuso dello strumento della cautela rispetto al fine per cui gli è stato conferito. Utilizza lo strumento processuale oltre lo scopo previsto dal legislatore per assicurarsi la maggiore garanzia possibile, ma determinando un effetto deviato in danno al debitore.
Avvocato Antonio Politano
Firenze